Vittorio Celot Celotti nacque a Conegliano il 30 novembre del 1896. Era il più giovane dei tre figli di Giovanni Celot, detto Celotti, classe 1859, sarto di professione, e di Lucia Zava. Prima di lui vennero alla luce i fratelli Angelo, detto Angelin, e Maddalena, Lena, con i quali trascorse, soprattutto prima dello scoppio della Grande guerra, spensierati soggiorni estivi nella Val Zoldana, luogo che fece da sfondo alle sue prime fotografie, accuratamente documentate nelle sue memorie.
Non ancora undicenne, alla fine dell’anno scolastico 1906-07 il giovanissimo Vittorio Celot Celotti ricevette in regalo la sua prima macchina fotografica. Era un regalo speciale per quei tempi: una Murer 9 x 12 a cassetta, con la quale scattò le sue prime fotografie a Villanova di Zoldo, dove si trovava in vacanza con la sorella Maddalena e dove probabilmente nacque quella passione per la fotografia che lo seguì per il resto della sua vita.
Arrivarono poi gli anni promettenti della Scuola di Enologia, gli incontri con gli amici e con i docenti. Il fratello Angelo si sposò e Vittorio fu felice di diventare zio di Nino.
Il destino però gli stava riservando, quasi a voler rompere un incantesimo, anche i giorni orribili della guerra, con l’invio in prima linea sul Grappa, luogo in cui si trovò quel fatidico ottobre del 1918. Ed è proprio su quelle dilaniate pendici che il giovane Vittorio venne rinviato alla fine della Guerra, al comando del Gruppo Zappatori del Battaglione Alpini “Exilles”, per seppellire i corpi straziati dei compagni caduti nella tragica battaglia finale.
Ritornò a Conegliano congedato con il grado di tenente nella tarda primavera del 1920, dopo aver preso parte ai lavori di ricostruzione degli argini a Noventa di Piave e all’attività della “Commissione per la delimitazione dei nuovi confini italo-austriaci”, istituita una volta terminato il conflitto. Dopo un breve primo incarico di lavoro, accettò la proposta di Pietro Dal Vera e il 30 novembre del 1921, giorno del suo venticinquesimo compleanno, fu assunto presso l’industria Dal Vera, produttrice di mobili in giunco, dove lavorò con funzioni amministrative e dirigenziali fino a quando andò in pensione.
Fino all’età di trentasei anni Vittorio Celot Celotti visse con la sua famiglia d’origine in via Pietro Caronelli a Conegliano, ex ghetto ebraico, ad un passo da quella che fu fino al 1923 l’antica sede della “Regia Scuola di Viticoltura e d’Enologia”, presso la quale si diplomò nel 1915. Lasciò quella casa il 9 gennaio del 1933 per sposare la giovane Irene Venier, classe 1914. Con lei andò a vivere in viale generale Luigi Cadorna, sempre a Conegliano, nella casa dove nacquero i loro quattro figli, Luigi, Lucia, Alberto e Silvia.
Nel corso degli anni Vittorio Celot Celotti fu promosso prima Capitano e poi Maggiore dell’Esercito italiano. Con decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1975 gli fu conferita l’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto e il 13 marzo 1976 fu promosso Tenente Colonnello.
Vittorio Celot Celotti morì il 17 agosto del 1985.
La fotografia come passione vera
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Conosciamo le memorie di questo appassionato fotografo perché nel corso della sua vita, con grande cura e costanza, annotò nei suoi diari, seppur succintamente, gli eventi che, via via, riteneva più importanti, riguardanti se stesso, la sua famiglia e quelli esterni che lo avevano coinvolto.
Ad una prima lettura dei suoi manoscritti stupisce quanto queste annotazioni siano costantemente intervallate dalla registrazione dei dati tecnici identificativi delle macchine ed degli apparecchi da lui utilizzati per la realizzazione amatoriale delle fotografie, nonché dalle date di esecuzione e dai nomi dei luoghi immortalati. L’elevato numero di foto e di negativi che hanno resistito al passare del tempo e che possiamo ammirare oggi (oltre 5000 pezzi, di cui 1776 catalogati, alla data di questa mostra) dimostra non solo la grande passione di Celot Celotti per questa attività, ma rappresenta forse il suo vero diario di vita.
Le sue fotografie, per la maggior parte inedite, costituiscono un’importante raccolta di immagini estremamente interessanti per i ricercatori e gli appassionati di storia e di fotografia. La loro freschezza, spontaneità e libertà fanno sì che esse si distinguano notevolmente dalle rigide pose dei fotografi professionisti del primo Novecento. Non sono quindi eseguite su commissione o per necessità economica, ma frutto della sua passione, e scattate per il piacere di poter fermare per sempre un attimo, una scena di vita, un particolare, un paesaggio, una luce.
Praticare la fotografia per passione non era un’attività comune all’epoca, ma era riservata solo a pochi privilegiati. Uno dei più noti è il francese Jacques Henri Lartigue, contemporaneo di Celot Celotti, che si definì sempre pittore, ma che è oggi considerato uno dei più significativi fotografi del Novecento. Nato da una famiglia ricchissima, anche Lartigue fu rapito sin da bambino dalla possibilità di immortalare l’attimo prima che si dissolva. Anche lui ricevette in regalo a soli sette anni la sua prima macchina fotografica e sentì il bisogno di tenere (nel suo caso in maniera quasi ossessiva) dei diari nel tentativo di registrare ogni momento degno di essere fissato.
Per la dedizione con cui Vittorio Celot praticò questo hobby non lo si può considerare un dilettante, ma un amateur, ovvero amante e cultore, cioè colui che esercita un’attività non in maniera professionale, ma con tutta la serietà e la competenza proprie di una vera passione.
Attraverso la fotografia di Vittorio Celot Celotti, oltre ai paesaggi, alle scene di vita quotidiana della città e della campagna attorno, oltre alle fotografie scattate al fronte e a qualche ritratto, è documentata, quindi, anche una certa società borghese del primo Novecento, che si reca in villeggiatura in montagna, pratica piacevolmente lo sci in compagnia degli amici e si diletta in attività per interesse e divertimento.
La presente mostra offre al visitatore la riproduzione di una selezione di fotografie e di negativi del periodo che intercorre tra il 1911 e il 1921, sulle quali, per scelta del curatore delle immagini Arcangelo Piai, non sono state eliminate, dove presenti, le tracce lasciate dal tempo. Si potranno quindi intravvedere macchie, segni o altre imperfezioni, che testimoniano la loro storicità e autenticità.
Claudia Meneghin