VAMPE E RIVERBERI – DAL CANTICO DEI CANTICI Loreto Martina

Il Cantico di Loreto Martina 

(Ester Brunet) 

Non è la prima volta che Loreto Martina si confronta con la Bibbia. Già in passato egli ha attinto ad immagini e categorie della grande narrazione biblica, per farne chiavi di lettura del tempo presente. Così ha fatto anche in questi ultimi mesi: quando, profondamente toccato dal dramma della guerra in Ucraina – ennesima, crudele lotta di sopraffazione fratricida – ha maturato l’urgenza di recuperare, di nuovo, le Scritture. Lo ha fatto, questa volta in modo quasi paradossale, ispirandosi a una delle più belle poesie d’amore mai scritte, il Cantico dei Cantici, che in ebraico ha il significato di “canto sublime”. Dipingere l’amore, in tempo di guerra: una assurdità? Una provocazione? O forse, l’unica risposta possibile di fronte alla terribilità della storia. Con il suo carico inesausto di metafore, di richiami al mondo naturale, di tensione creaturale verso la felicità e la pienezza, il Cantico canta la bellezza, ma anche il dramma dell’amore, impastato di relazione e di distanza, di vicinanza e di distacco, di parole e di silenzio … di vita e di morte. Quasi ubriaca il lettore con la sua successione interminabile, parossistica, di immagini e similitudini, che tendono verso un culmine senza mai raggiungerlo: un modo per dire l’indicibilità dell’amore, il più profondo abisso di luce che l’uomo possa mai sperimentare. Così, il Cantico è davvero un testo sublime: perché non nega la durezza del nostro stare al mondo, ma la trasfigura, leggendola in filigrana su di un fondo di irriducibile, calda luce permeante. Luce e calore. Che nell’arte di Loreto Martina diventano vampe e riverberi, percezioni corporee e movimenti atmosferici. Il colore affoga le ombre, non permette nascondimenti. Colore puro, libero, senza alcuna tentazione illustrativa: l’arte informale di Martina non vuole spiegare, ma evocare, fare immergere in un mondo che non si vede e non di meno si sente.  

Racconta l’artista che questo doveva essere un ciclo di bianchi e di gialli, che invece il processo creativo ha in parte “distrutto”: il giallo è trasceso nell’arancione, e l’arancione nel viola, per poi tornare ai colori iniziali, in circolo. Così, la luce del bianco e del giallo è inizio e fine, alfa e omega, ma dentro c’è un mondo cromatico che tocca tutte le emozioni, le infinite corde del cuore dell’uomo. L’arte non è poi molto diversa dall’amore celebrato dal Cantico: la creazione artistica è insieme evento e processo, ma anche lotta amorosa, contro sé stessi e contro la materia. Così che l’esito è sempre diverso dalla partenza. 

Ciò che conta, è che il risultato sia fedele all’anelito iniziale. E in questo caso lo è senz’altro: se lo scopo era quello contrastare la disperazione dilagante di questi tempi bui, le tele di Martina mantengono ciò che promettono. Non perché intrattengano, o distraggano. Ma perché curano. Sanno dire il dolore, senza negarlo, immergendosi al livello più profondo nel mistero della vita. Sanno trattenervisi, senza fuggire, per tutto il tempo che occorre. E da qui, sanno rilucere come promessa di bene e di vita. 

Loreto Martina nasce a San Vendemiano (TV) nel 1953.

Studia a Venezia al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti. È del 1984 la sua prima personale alla Galleria Del Barbacan a Treviso. Nel 1987 espone dipinti e disegni presso il Dipartimento di storia e Critica delle Arti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. a cura di Giuseppe Mazzariol. Nel 1994 presenta oltre cento opere a Palazzo Foscolo a Oderzo (TV).

Nel 1996 partecipa alla rassegna Hic et Nunc presso la chiesa di S. Lorenzo di San Vito a l Taglia mento (PN). Nel 2000 tiene una vasta persona le da l titolo Opere in Villa Brandolini a Solighetto (TV).

Nel 2002 e nel 2005 è presente con mostre persona li presso la Galleria Flavio Stocco di Castelfranco Veneto. Sempre nel 2005 allestisce l’ampia rassegna dal titolo Memoria e suggestioni, presso lo Spazio 27 di Trento. Affronta tematiche inerenti al sacro con le mostre Presenze dell’invisibile presso il Museo Diocesano di Padova nel 2006, e Intorno al Sacro nell’ex chiesa di San Paolo al Piano di Vittorio Veneto nel 2010.

Nello stesso a nno è chiamato alla Galleria Comuna le di Arte Contemporanea di Portogruaro. Nel 2014 inaugura Madre Matria alla Biblioteca Civica di Pordenone. Sinai e Gladioli alla Galleria dell’Eremo di Rua di Feletto e nel 2016 a Magdeburgo in Germania. Nel 2017 il Comune di Marene di Piave  ove risiede, lo festeggia con l’ampia personale Terre di confine. Nel 2022 espone a San Vito a l Tagliamento presso il Complesso Antico Ospedale dei Battuti. Numerosi dipinti appartengono a collezioni private. Hanno sc ritto di lui, tra gli altri, Carlo De Roberto, Marta Mazza, Roberto Costella, Corrado Castellani, Manuela Boz, Nicola De Cilia, Martina Gosetto, Cristina Pontioli Staudac her, Sandro Parmiggiani, Dino Marangon, Michele Beraldo.

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